sabato 10 dicembre 2011

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Biografia di Giacomo Leopardi

Nasce a Recanati nel 1798, da una nobile famiglia. Si appassiona precocemente agli studi e, negli anni dell’adolescenza, forma una profondissima cultura, divorando le opere che trova nella biblioteca paterna.
Gli studi pesanti, tuttavia, condotti proprio nell’età dello sviluppo, rovinano per sempre la salute di Leopardi.
A partire dal 1822 ottiene dalla famiglia il permesso di allontanarsi dalla casa paterna e di vivere nelle città italiane più vivaci dal punto di vista intellettuale. Soggiorna a Roma, Milano, Bologna, Firenze e Pisa.
Dopo un breve ritorno a Recanati ( 1828-1830), si stabilisce a Firenze, dove continua a frequentare intellettuali, già conosciuti in precedenza, che si raccolgono intorno alla rivista “Antologia”. In questo periodo vive una terribile delusione d’amore.
Nel 1834 si trasferisce a Napoli, presso un caro amico, l’intellettuale Antonio Ranieri, e a Napoli muore, nel 1837.

Il mondo interiore di Leopardi

Leopardi aderisce ad una visione materialistica della realtà, rifiuta l’idea di Dio e matura una visione pessimistica della vita umana. L’uomo è una creatura debole e piccola di fronte alla grandiosità della natura. La natura si regge grazie a una serie di leggi che non tengono conto della felicità dei singoli esseri umani .La materia si trasforma continuamente; le creature nascono, soffrono e poi muoiono. Il singolo uomo non può opporsi a questo destino di sofferenza e morte che è strettamente legato alle leggi della vita. Visto che la natura e la vita umana sono necessariamente legate alla sofferenza, Leopardi dichiara di non comprendere le ragioni degli intellettuali ottimisti, di quelli che credono nel progresso, cioè nel continuo miglioramento delle condizioni dell’uomo nella storia. Secondo Leopardi bisogna avere il coraggio intellettuale di guardare in faccia alla realtà; l’unica forma di dignità per l’uomo sta nella capacità di comprendere senza tremare la vanità e la dolorosità del proprio destino , evitando illusorie consolazioni, come la fede o l’ottimistica fiducia nel progresso.
La vita, dunque, è caratterizzata dalla sofferenza. Questo è uno dei temi più ricorrenti nella poesia leopardiana. Quella stessa vita, però, a volte appare bellissima agli occhi degli uomini, e ricca di promesse. Ci sono dei momenti in cui gli uomini possono nutrire l’illusione che la felicità esista, anche se purtroppo poi dovranno scontrarsi con la realtà. E’ durante la giovinezza che è possibile credere di essere felici e cullarsi nei sogni e nelle speranze, che poi inevitabilmente crolleranno “ all’apparir del vero”. Questa età speciale, che è la giovinezza, età bellissima perché caratterizzata da speranze e sogni, viene spesso cantata tristemente da Leopardi nelle sue poesie.

Il Sabato del villaggio

La poesia descrive il clima di gioiosa attesa che c’è in un paese nel giorno che precede il riposo settimanale. L’allegria arriva da tutti, vecchi e giovani; tutti si preparano con entusiasmo alla festa che verrà. Quando però sarà domenica, dice Leopardi, l’allegria svanirà, perché tutti tristemente penseranno già all’arrivo della settimana lavorativa. La giovinezza, l’età in cui si sogna un futuro pieno di cose belle, è simile al sabato. Il suo fascino non sta in una reale felicità ma in un sogno di felicità. Quando poi verrà l’età matura la gioia e i sogni svaniranno.


A Silvia

Nella poesia Leopardi si ricorda di una ragazza morta prematuramente, prima di arrivare all’età adulta. La ragazza, morta ancora fanciulla e ricordata teneramente,  diventa nel testo un simbolo, il simbolo delle speranze che rendono tanto bella l’infanzia e la giovinezza ma che poi crollano all’arrivo dell’età matura.

La quiete dopo la tempesta

La poesia descrive un villaggio che vede finire una tempesta  e che allegramente  ritorna, pian piano, alle sue abitudini.
Il tema della poesia è l’infelicità umana. All’uomo è negata, secondo Leopardi, la possibilità di essere felice davvero e di provare vere gioie. Quando ci sentiamo sereni e felici è, in realtà, perché proviamo un senso di sollievo, perché abbiamo magari appena concluso un’esperienza particolarmente dolorosa o paurosa. Così come succede alle persone del villaggio che si sentono serene e felici solo perché vengono da una paura più grande.

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